Parkinson e osteoporosi

L’osteoporosi


Dott.ssa Serena Caronni
Biologa nutrizionista – Centro Parkinson Milano


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Introduzione

L’osteoporosi viene definita come una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da una ridotta massa ossea che si accompagna ad un aumento del rischio di fratture.
Si tratta di una malattia di rilevanza sociale, che colpisce circa 200 milioni di persone al mondo. Si stima che in Italia vi siano oggi circa 3,5 milioni di donne e 1 milione di uomini affetti da osteoporosi.
La sua incidenza aumenta con l’età sino ad interessare la maggior parte della popolazione over 80.
La patologia ha una frequenza quattro volte superiore nelle donne rispetto agli uomini, a causa della perdita di massa ossea associata alla riduzione dei livelli di estrogeni in seguito alla menopausa.

Poiché nei prossimi 20 anni la percentuale della popolazione italiana over 65 aumenterà di circa il 25%, assisteremo probabilmente ad un proporzionale incremento dell’incidenza di questa patologia.


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Quali sono i fattori di rischio?

Tra i numerosi fattori associati al rischio di osteoporosi e di fratture da fragilità vanno evidenziati:

  • Riduzione della densità minerale ossea;
  • Età: l’incidenza di fratture osteoporotiche aumenta esponenzialmente con l’età;
  • Precedenti fratture;
  • Comorbidità: numerose condizioni patologiche si associano ad un aumento del rischio di Tra queste, la malattia
  • Parkinson, l’artrite reumatoide, il diabete, le malattie infiammatorie croniche intestinali, l’AIDS, la sclerosi multipla e condizioni associate a grave disabilità motoria;
  • Terapie farmacologiche: i farmaci per cui è stato descritto un aumento del rischio di osteoporosi sono numerosi;
  • Familiarità per fratture


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Altri fattori di rischio

  • Sesso femminile;
  • Razza bianca o asiatica;
  • Basso peso corporeo;
  • Fumo;
  • Eccesso di alcool e caffeina;
  • Menopausa prima dei 45 anni;
  • Menarca tardivo;
  • Ridotta attività fisica;
  • Immobilizzazione protratta;
  • Ridotto introito di calcio alimentare;
  • Ridotta esposizione al sole;
  • Eccessivo introito di sodio (sale);
  • Anoressia


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Come prevenirla?

La prevenzione dell’osteoporosi si attua innanzitutto e generalmente mediante la correzione dei fattori di rischio e deve essere quindi intrapresa a tutte le età.

Una dieta adeguata con un giusto apporto di vitamina D e con un corretto apporto di proteine, carboidrati e grassi può esser utile per ottimizzare il picco di massa ossea anche in età giovanile.
L’aumento dell’apporto proteico in soggetti con inadeguato introito riduce il rischio di fratture del femore in entrambi i sessi. Un adeguato apporto proteico è quindi necessario per mantenere la funzione del sistema muscolo-scheletrico, ma anche per ridurre il rischio di complicanze dopo una frattura osteoporotica. Per questo motivo si consiglia una supplementazione di proteine del siero del latte, nel caso di pazienti affetti da malattia di Parkinson a partire dal tardo pomeriggio.

Per ridurre il rischio di osteoporosi è consigliabile inoltre svolgere un po’ di attività fisica. È noto, infatti, che periodi anche brevi di immobilizzazione sono molto dannosi per la massa ossea. Incoraggiare una modesta attività fisica può oltretutto contribuire a ridurre il rischio di cadute e quindi di frattura.


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Quanto calcio apportare?

L’introito medio giornaliero di calcio nella popolazione italiana risulta insufficiente, specie in età anziana, e ciò si associa ad un aumentato rischio di osteoporosi e di fratture osteoporotiche. Il fabbisogno giornaliero varia a seconda dell’età e di determinate condizioni.

È preferibile, ove possibile, correggere il ridotto introito di calcio con un approccio alimentare adeguato. Nel caso in cui l’apporto di calcio e vitamina D sia insufficiente, i supplementi sono in grado di ridurre significativamente il rischio di frattura. Le eventuali dosi consigliabili di supplementazione vanno adeguate al grado di carenza alimentare.


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Quanta vitamina D?

L’incidenza di ipovitaminosi D è molto diffusa, specie in età avanzata. Va ricordato che solo il 20% del fabbisogno di vitamina D deriva dall’alimentazione; la componente principale deriva dalla sintesi a livello cutaneo in seguito all’esposizione solare, meccanismo sempre più inefficiente con l’avanzare dell’età. Ne consegue la frequente necessità di supplementazione, specie in età avanzata.

Livelli ematici di vitamina 25(OH)D e loro interpretazione

nmol/l ng/ml Interpretazione
<25 <10 Grave carenza
25-50 ott-20 Carenza
50-75 20-30 Insufficienza
75-125 30-50 Range ideale
125-375 50-100 Possibili effetti indesiderati?
>375 >150 Intossicazione


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Cosa mangiare?

Per garantire un adeguato apporto di calcio e per mantenere l’osso in salute è necessario:

  • Ridurre il consumo di alcool, poiché è in grado di interferire con la salute dell’osso;
  • Ridurre il consumo di sale; un suo eccessivo consumo favorisce infatti la perdita di calcio con le urine. Si consiglia quindi di ridurre progressivamente l’aggiunta di sale ai piatti, privilegiando l’utilizzo di erbe aromatiche e spezie. È consigliabile inoltre evitare di consumare alimenti confezionati o in scatola, poiché ne contengono un’elevata quantità;
  • Non eccedere nel consumo di spinaci, rabarbaro, prezzemolo, pomodori, uva, fichi, prugne, cioccolato, caffè e tè; questi alimenti contengono elevati livelli di ossalati che riducono l’assorbimento intestinale del calcio, anche se presente negli alimenti stessi;
  • Consumare quotidianamente una porzione di latte e/o yogurt, buone fonti di calcio;
  • Consumare due o tre porzioni di pesce (aringhe, scorfano, alici, ecc.) a settimana, poiché contiene vitamina D;
  • Consumare due o tre porzioni di legumi (ceci, fagioli, fave…) a settimana. Oltre a contenere buone quantità di calcio, sono una fonte di proteine vegetali (che contribuiscono a ridurre la perdita di calcio con le urine) e contengono sostanze ad azione protettiva sull’osso;
  • Consumare ortaggi a foglia verde scura (in particolare rucola, radicchio verde, broccoli, rapa, cicoria, biete) che apportano mediamente circa 70 mg di calcio per 100 g;
  • Bere acque minerali con un alto contenuto di calcio (almeno 150-200 mg\litro).

Prossimo capitolo


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L’importanza dell’attività fisica

È ormai risaputo come un corretto stile di vita legato ad una buona alimentazione e ad un buon livello di attività fisica siano fondamentali nella prevenzione di diverse patologie.

Diversi studi hanno dimostrato come l’attività fisica sia associata ad un minor rischio di sviluppare la malattia di Parkinson.

L’importanza di un nutrizionista

Una dieta adeguata può avere un impatto positivo sulla gestione dei sintomi della malattia di Parkinson. Per ottimizzare l’efficacia si consiglia di consultare un medico o un nutrizionista per determinare la dieta più adatta alle esigenze individuali.

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L’importanza di una supplementazione

Le proteine del siero del latte possono avere un potenziale beneficio per le persone con malattia di Parkinson, in quanto sono una fonte di aminoacidi essenziali e possono contribuire a mantenere la massa muscolare e prevenire la perdita di peso, due problemi molto comuni.

Un supplementazione quotidiana con FORTIRAL, studiato appositamente, previene la sarcopenia ed i sintomi ad essa connessi.

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