La cisteina è un aminoacido non essenziale dagli effetti molto positivi sia per accrescere la massa muscolare, sia per garantire al fisico un prezioso apporto di energia da bruciare durante l’attività fisica.
La cisteina, inoltre, è un prezioso elemento antiossidante, dunque agisce in modo mirato a contrasto dei radicali liberi.
Studi in doppio cieco sullo stress ossidativo condotti su pazienti sottoposti a chemio e radioterapia hanno inoltre dimostrato che la suplementazione in alimenti ricchi in cisteina riduceva la perdita di peso, con un aumento del tempo di sopravvivenza, della forza di prensione e della qualità di vita.
Lo stress ossidativo è una condizione patologica “trasversale”, comune a molte malattie, caratterizzata dalla rottura del fisiologico equilibrio fra la produzione e l’eliminazione, da parte dei sistemi di difesa anti ossidante, di una serie di specie chimiche ad azione ossidante, quali, ad esempio, i radicali liberi dell’ossigeno. L’aumentata produzione di specie chimiche ossidanti (SCO) e/o la ridotta efficienza dei sistemi antiossidanti provoca, nelle cellule, la generazione di una serie di sotto-prodotti di ossidazione, quali gli idroperossidi (ROOH) , che vengono rilasciati nella matrice extracellulare e, quindi, nel microcircolo .Qui, in condizioni di sofferenza cellulare (ipossia/acidosi), gli idroperossidi possono essere trasformati in radicali liberi altamente lesivi per l’azione catalitica su di essi esercitata dal ferro. Di norma, l’eccesso di radicali liberi viene tamponato sia dalla barriera antiossidante plasmatica (di cui fanno parte ’albumina, l’acido urico, la bilirubina, l’acido ascorbico, i tocoferoli, i tioli ridotti, etc.) che dall’enzima intracellulare ubiquitario glutatione-perossidasi (GPx). Su queste basi, l’azione anti ossidante delle proteine da siero di latte potrebbe essere ascritta a tre meccanismi principali: l’azione shock-adsorber, la chelazione dei metalli di transizione, l’inattivazione diretta dei perossidi e, soprattutto, la stimolazione della sintesi endogena di glutatione (GSH).
L ’ azione shock-adsorber è un’ azione antiossidante di tipo “scavenger” che viene attribuita a tutte le proteine e, in particolare, alle albumine. Per analogia con la siero albumina ematica, anche la siero-albumina del latte, grazie alle catene laterali dei suoi numerosi amminoacidi, può contrastare – già nel lume intestinale l’azione potenzialmente nociva di un eccesso di radicali liberi, grazie alla sua capacità di donare equivalenti riducenti alle specie ossidanti.
Più in generale, tutte le proteine da siero di latte, per la loro relativa ricchezza in residui di cisteina, una volta assimilate, possono rendere disponibili a livello plasmatico i propri gruppi tiolici che, allo stato ridotto (-SH), costituiscono una parte essenziale della barriera antiossidante contro i radicali liberi.
Come specificato nelle linee guida ESPEN sull’utilizzo della bioimpedeziometria (BIA), “la massa cellulare corporea (body cell mass: BCM) costituisce il compartimento ricco di proteine che viene colpito nelle situazioni di catabolismo e la perdita di BCM è associata con una prognosi negativa”.
Per prevenire l’insorgenza della sarcopenia , viene oggi sempre più sottolineata l’importanza di un adeguato introito proteico con la dieta , eventualmente affiancato da una suplementazione proteica nelle fasi di crisi catabolica e nei pazienti allettati.
Nel modello animale in condizioni di stress (infezione) la sintesi di glutatione è aumentata di quattro volte. In acuzie la necessità supplementare di substrati proteici per la sintesi delle proteine della flogosi, viene affrontata dall’organismo sfruttando le risorse muscolari.
Sempre nel modello animale, in condizioni di sepsi, la supplementazione proteica ad alto contenuto di cisteina ha dimostrato di essere più efficace nel ridurre il calo ponderale, il deperimento muscolare e le perdite azotate urinarie rispetto ad una soluzione di aminoacidi standard.
Tra l’altro, il danno ossidativo è considerato uno dei fattori eziopatogenetici principali del declino del muscolo scheletrico.
La massa cellulare corporea (body cell mass: BCM) costituisce il compartimento ricco di proteine che viene colpito nelle situazioni di catabolismo e la perdita di BCM è associata con una prognosi negativa.
BCM, peso corporeo e massa grassa sono aumentati in modo significativo (P<0,01) dopo il trattamento con WP. Non si sono riscontrati effetti collaterali degni di nota se non un lieve aumento dell’azotemia.
Le siero proteine da latte, inoltre, presentano un elevato contenuto di amminoacidi a catena laterale ramificata, quali la leucina, la isoleucina e la valina, fondamentali nell’ accrescimento e nella riparazione dei tessuti, ma ben note anche per il loro effetto sulle performance muscolari per la loro capacità di risparmiare il glicogeno.
In particolare la b-lattoglobulina rappresenta circa la metà delle proteine totali del siero di latte Oltre ad essere una fonte di amminoacidi essenziali a catena laterale ramificata, essa può legare piccole molecule idrofobiche (es. retinolo, acido retinoico, vitamine liposolubili), aumentandone la biodisponibilità, e modulare la funzione linfatica; l’a-lattoalbumina contiene anch’essa un’ampia varietà di amminoacidi, tra cui quelli a catena laterale ramificata sia in forma nativa che dopo idrolisi, essa è risultata in grado di stimolare la risposta immunitaria attraverso una modulazione delle funzioni linfocitarie in modelli murini
La frazione immunoglobulinica, che costituisce circa il 10-15% delle sieroproteine da latte, contiene molecole con funzione anticorpale appartenenti a tutte e 5 le classi (G, M, A, D, E), alle quali sono state attribuite proprietà immuno- modulanti, antivirali ed anti-batteriche.
Il glicomacropeptide, che costituisce il 10-15% delle sieroproteine da latte, si libera durante la formazione del “caglio” per l’azione della chimosina sulla caseina. Esso contiene una quantità notevole di amminoacidi ramificati ma è privo di amminoacidi aromatici, quali fenilalanina, tirosina e triptofano. La siero-albumina bovina è una proteina ad elevato peso molecolare che va da sola a costituire il 10-15% di tutte le sieroproteine del latte. Buona fonte di amminoacidi essenziali, esibisce la proprietà di adsorbire sostanze lipidiche e, probabilmente, di shock-adsorber nei confronti dei radicali liberi.
La lattoferrina è una glico-proteina la cui struttura terziaria consente l’alloggiamento, in due specifiche “tasche”, di altrettanti atomi di ferro. La lattoferrina viene oggi considerata a ragione un antiossidante preventivo, proprio per la sua capacità di tenere legato il ferro. Questo metallo infatti, se viene a trovarsi “libero”, ossia non chelato, in un sistema biologico, agisce da generatore di radicali liberi. Più esattamente, il ferro – grazie alla sua caratteristica di passare reversibilmente da uno stato ridotto (Fe2+) ad uno ossidato (Fe3+) – catalizza la scissione degli idroperossidi (prodotti derivati dall’insulto ossidativo di una vasta classe di molecole biologiche, quali lipidi, amminoacidi, peptidi etc.) in radicali alcossilici (RO∑) e/o (ROO∑) . Pertanto, una volta “sequestrato” il ferro, la lattoferrina blocca questa catena indesiderata di eventi che porterebbe al propagarsi del danno ossidativo a tutto il sistema cellulare.
La lattoperossidasi costituisce circa lo 0.25-0.50 delle proteine del siero di latte e, nel contempo, uno delle principali enzimi (proteasi, lipasi, idrolasi, liasi, trasferasi etc.) di questa frazione. La sua attività catalitica primaria, nei sistemi biologici, è la riduzione degli idroperossidi, potenzialmente lesivi, a “innocui” idrossiacidi. Da questo punto di vista, essa costituisce un potente sistema antiossidante che agisce in sinergia con la lattoferrina.
Questa, infatti, riduce la disponibilità del ferro necessaria alla trasformazione in radicali liberi degli idroperossidi, mentre la lattoperossidasi neutralizza totalmente questi metaboliti reattivi dell’ossigeno. Non sono escluse, comunque, altre attività biologi- che, potenzialmente responsabili di effetti anti-batterici.
E’ interessante sottolineare che l’attività lattopeorssidasica non è distrutta dai processi di pasteurizzazione e ciò suggerisce il suo possibile ruolo come conservante naturale del latte.
Le proteine da siero di latte, specialmente la lattoferrina, non sono denaturate a pH acido e resistono all’ azione del chimo gastrico. Esse, quindi, sono considerate come “proteine fast” in quanto raggiungono rapidamente il digiuno ma vengono idrolizzate più lentamente della caseina, sicché il loro assorbimento si protrae maggiormente nel tempo (in proporzione alla durata del transito del chilo lungo il piccolo intestino), con conseguente superiore livello plasmatico post-prandium degli amminoacidi.
L’apporto di proteine del siero di latte ad alto valore biologico è particolarmente utile nel trattamento dietetico di soggetti con perdita di massa muscolare scheletrica (sarcopenia) dovuta a malnutrizione ed invecchiamento o nelle malattie croniche.